La web designer, e designer di prodotti, Meagan Fisher sviluppa esperienze digitali da oltre dieci anni, come direttrice creativa di diverse start-up di New York, e collabora con clienti quali Change.org, The Audubon Society e Dribbble. È anche una scrittrice apprezzata e speaker di temi legati alla user experience e al design di prodotto per il web.

Di recente abbiamo chiesto a Meagan di parlarci del suo approccio nei confronti della progettazione, essendo una designer che scrive codice, e della sua passione per i gufi.

Create: Possiamo descrivere il tuo lavoro in tanti modi, ma come lo faresti tu?

Meagan Fisher: Anzitutto mi definirei una web designer, o digital designer, che è forse la descrizione più precisa. Prima si parlava di web designer, ma io mi occupo sia di interfacce web che di app per desktop e per iPhone, quindi tante cose diverse, per questo mi considero piuttosto una digital designer. Lavoro anche come sviluppatrice front-end, una competenza che mi rende piuttosto unica nel settore, perché gran parte delle persone o seguono il design, o lo sviluppo, mentre io faccio entrambe le cose.

Create: Come si è evoluto negli anni il tuo lavoro?

MF: Ho la fortuna di poter svolgere una vasta gamma di lavori di design. Quando ho iniziato mi concentravo più sui siti di marketing, vale a dire siti ricchi di contenuti che non si basavano troppo sulla user experience, perché era più importante avere un design visivo di grande impatto. 

Meagan ha creato il kit per interfacce utente Pawtastic per Adobe XD, pensato appositamente per aiutare i designer a creare delle esperienze di e-commerce da sogno (e se ami gli animali, troverai anche tantissimi elementi che richiamano gli amici a quattro zampe). Leggi questo post del blog di Adobe per scoprire e scaricare Pawtastic. 

Sono approdata al mondo dello sviluppo front-end perché volevo che i siti su cui lavoravo avessero tutti i dettagli di UX che progettavo: quando consegni un file di Photoshop agli sviluppatori, infatti, alcuni elementi possono sfuggire. Poi, quando si è iniziato a parlare di design responsive, è stato fantastico vedere che riuscivo a implementare in autonomia i design su vari dispositivi, generalmente mediante il codice, ma a volte lavorando con sviluppatori eccellenti e progettando su Photoshop. Ovviamente parliamo di anni fa, perché oggi abbiamo a disposizione una gamma più ampia di strumenti.

Sei anni fa ho iniziato a occuparmi di progettazione di app per iPhone, così sono arrivata ai lavori di design del prodotto, ed è stato bello perché questo settore pone tutta una serie di sfide diverse rispetto al design per il marketing. Nel design del prodotto, infatti, ti concentri davvero sulla user experience e su come ottimizzare l’utilità delle cose, il che è molto più insidioso. L’impatto visivo strepitoso conta meno, perché è più importante rendere quanto più fluida possibile l’esperienza dell’utente.

Da quando mi occupo di entrambi i settori, ho cambiato anche molti lavori. Da sempre, a periodi alternati, lavoro come freelance e in modo indipendente con tanti clienti eccezionali, ma negli anni ho collaborato anche con varie agenzie come libera professionista,

e ho lavorato con tante piccole start-up. Nel 2011 mi sono trasferita a New York e per quasi cinque anni ho lavorato per varie start-up. A volte eravamo soltanto io e due o tre designer in un team, una situazione splendida perché in quei casi riuscivo a portare avanti il mio lavoro di sviluppo front-end, il design per il marketing, il design di prodotto, la ricerca sugli utenti e l’architettura delle informazioni. È stato un capitolo molto gratificante della mia carriera che mi ha consentito di affinare a tutto tondo le mie competenze. E proprio quest’anno sono tornata nuovamente a lavorare come freelance.

Create: Quali sono i clienti per cui lavori ora?

MF: Recentemente ho collaborato con Adobe ed è stato fantastico, poi ho completato un progetto con l’Università della Pennsylvania, altrettanto bello. Angela Duckworth, l’autrice del libro Grit: The Power of Passion and Perseverance, lavora a un enorme progetto di ricerca presso l’Università della Pennsylvania volto a scoprire cosa aiuta le persone ad adottare delle modifiche comportamentali durature. Nell’ambito di questa ricerca, abbiamo progettato un’intera esperienza di marketing e di prodotto per coinvolgere le persone in questo studio.

La prima che abbiamo sviluppato, in collaborazione con 24 Hour Fitness, ruotava attorno alla creazione di abitudini di allenamento, poi ne seguirà un’altra relativa alla creazione di buone abitudini finanziarie, in collaborazione con Bank of America.

In un’altra, lavoreranno all’interno del mondo dell’istruzione per capire come aiutare le persone a creare delle buone abitudini relative allo studio, per esempio, e così via. È stato un progetto davvero entusiasmante perché è in linea con i miei valori personali di aiutare le persone a vivere al meglio e arricchire le loro vite.

Meagan ha creato questi design per un progetto di ricerca dell’Università della Pennsylvania che ha l’obiettivo di aiutare le persone ad adottare delle modifiche comportamentali durature. Approfondisci questo lavoro tuttora in corso nel post di Meagan su Fisher.

Create: Sul tuo profilo Dribbble ho letto che il tuo obiettivo principale è “realizzare prodotti e servizi che rispettano il lato umano dell’utente e contribuiscono a migliorare il mondo”. Ritieni che questo aspetto ti renda unica? 

MF: Non so se sia questo a rendermi unica ora. Mi piace pensare che la maggior parte dei designer la pensino così. In ogni caso, sì, è un aspetto importante del mio lavoro. Nel corso degli anni ho rifiutato vari progetti in cui non capivo esattamente in che modo avrebbero migliorato la vita delle persone.

Molte delle cose che vengono create oggi, in un modo o nell’altro, contribuiscono a diffondere informazioni errate oppure sono pensate per spingere gli utenti a perdere tempo oppure sfruttano gli utenti. Il mio lavoro non deve mai essere così. Io voglio progettare cose che miglioreranno concretamente lea vita delle persone e credo che soltanto in questi casi la tecnologia si esprime davvero al meglio delle sue potenzialità.

Non so se ti sia capitato di leggere qualcosa sui dark pattern delle UX, ma senza dubbio questo è un argomento di cui si parla molto attualmente. Facebook è pieno di esempi simili, in cui l’obiettivo del design è confondere o disorientare l’utente oppure coinvolgerlo senza sosta oltre il limite di accettabilità o di volontà della persona. Queste sono le cose che evito nel mio lavoro.

Per quanto riguarda l’unicità delle mie progettazioni, sicuramente c’è anche l’aspetto della scrittura di codice, perché penso anche a come verrà implementato tutto ciò che creo. Credo che queste conoscenze mi aiutino a lavorare con altri sviluppatori. Nel mondo digitale tutti continuano a chiedersi se i designer dovrebbero saper scrivere codice di programmazione oppure no, per me è stato un grande vantaggio nella mia carriera.

Altre immagini del progetto con l’Università della Pennsylvania di Meagan Fisher. 

Create: Perché un designer non dovrebbe saper scrivere codice?

MF: Alcuni designer sono spaventati dalla complessità e, come in ogni campo, non si vuole diventare presunti conoscitori di tutto, ma esperti di niente. Inoltre, si dice che il tempo impiegato per imparare a sviluppare potrebbe essere dedicato ad approfondire le tecniche per realizzare sfumature eccellenti o semplicemente concentrarsi sul lato del design del proprio lavoro.

Inoltre, alcune persone ritengono che imponendo alla creazione dei limiti legati allo sviluppo, non troverai tante soluzioni nel processo di design, perché la tua mente si è fissata dei paletti, come se limitassi la tua immaginazione.

Sono tutte argomentazioni ragionevoli e del resto io non sviluppo tutto ciò che disegno. Gli sviluppatori eccellenti sono in grado di pensare in maniera unica, come una voce fuori dal coro, e sicuramente alcuni di loro sono maestri nel loro campo e superano di gran lunga le mie competenze.

Non è un mio obiettivo essere la migliore in circolazione, ma avere anche solo un pizzico di quelle conoscenze mi aiuta a comunicare con gli sviluppatori e, credo, a creare dei lavori migliori.

Create: Hai sempre voluto lavorare in questo campo?

MF: Per vie molto traverse, sì. Nutro un interesse per il design fin da quando ero giovane, e sono sempre stata affascinata dalla tecnologia, dal graphic design e dall’arte, la mia prima passione, ma non ho mai pensato davvero che avrei basato la mia carriera su questi ambiti.

Altre immagini del kit per interfacce utente Pawtastic per Adobe XD di Meagan Fisher.

All’università ho studiato letteratura inglese e pensavo di diventare un’insegnante, ma quando studiavo ho avuto la fortuna di acquistare un portatile Mac con Flash installato. All’epoca lavoravo in un hotel, così ho iniziato a guardare per gioco dei tutorial di Flash e tutto è davvero partito da lì, ha riacceso l’interesse che nutrivo per il design. Ho iniziato poi a realizzare dei siti web gratis per alcuni amici. Non avevo idea di cosa stessi facendo, ma mi piaceva sperimentare con Flash perché riuniva al suo interno tutti i miei vari interessi di sempre.

Ironia della sorte, quindi, tutto è iniziato come un passatempo mentre studiavo per la laurea in letteratura e lavoravo negli hotel. Poi sono stata assunta come tirocinante in una start-up, che purtroppo non ha avuto successo, e lì mi occupavo di web design su Flash. A quel punto ho abbandonato gli studi e mi sono dedicata a tempo pieno al design.

Create: Il web design o il digital design è un settore davvero ampio e talmente in crescita che i graphic designer e i creativi di altre discipline spesso svolgono anche dei lavori di digital design e UX. Cosa consiglieresti alle persone che non hanno una specifica formazione in questo settore e si cimentano nella progettazione di esperienze digitali? Capisco che sia una domanda molto ampia.

MF: La prima cosa che mi viene in mente è che secondo me molti graphic designer spesso tendono a creare lavori molti belli ma senza pensare all’interazione degli utenti con il prodotto.

E spesso non tengono a mente i casi limite. Molti dei lavori che si vedono su Behance o Dribbble sono davvero splendidi, ma si applicano soltanto a scenari molti specifici. Questo è l’errore più grande che riscontro quando lavoro con graphic designer con poca esperienza che si avvicinano al mondo del digital design per la prima volta: per loro è come se dovessero disegnare un poster. Ma poi quando aggiungi dei contenuti dinamici come le immagini reali o i nomi o qualsiasi altra cosa, il design crolla. Ecco un primo consiglio, dunque: cerca di lavorare con informazioni del mondo reale e di testare i design con dei veri utenti.

Questo mi porta al secondo suggerimento: assicurati di avere un dialogo costante con gli utenti per capire chi sono davvero. Quando lavoravo con le start-up, non sempre avevamo un team di ricerca sugli utenti, ma leggevamo regolarmente i ticket di assistenza inviati dagli utenti, per capire le difficoltà riscontrate con il nostro prodotto, oppure assistevamo alle chiamate del team di vendita per sentire le opinioni dei clienti, tutto allo scopo di capire al meglio come gli utenti usassero i nostri prodotti.

Ai designer consiglio di fare tutto il possibile per interagire con gli utenti nel mondo reale e conoscerli più in profondità. Queste informazioni miglioreranno notevolmente la tua capacità di disegnare qualcosa per loro.

Meagan Fisher ha disegnato queste schermate nell’ambito di un concept di marketing per un’azienda di software di finanza. Scopri di più sul progetto in questo post di Meagan Fisher su Medium.

Create: Un altro argomento che vorrei affrontare con te: il digital design o il design dell’interazione sembra poggiare in gran parte su un equilibrio tra scienza e creatività. Cosa ne pensi di questo equilibrio o di come mantenere l’equilibrio? Sembra che realizzare qualcosa di straordinario che al contempo sia stato testato rigorosamente in modo scientifico possa rappresentare un paradosso, per certi versi. Ha senso oppure sono fuori strada?

MF: Sì, ha senso, la questione è come innovare senza spingere l’innovazione a un punto tale per cui ciò che crei non è più utilizzabile.

Create: Esatto. Lo hai detto molto meglio di me.

MF: Un ottimo esempio è un sito web come Craiglist. Tutti sanno come usarlo, è intuitivo e svolge alla perfezione il suo lavoro, ma non innova necessariamente nulla in termini di design. ­­

Il design per il marketing, invece, lascia molto più margine alla creatività e all’ingegnosità, perché il tuo obiettivo è comunicare lo spirito di un brand a livello digitale come se fosse qualcosa di reale. Per esempio, se hai a che fare con un brand dallo spirito socievole e amichevole, magari puoi sbizzarrirti con i colori accesi o le animazioni divertenti, ed esprimere questo spirito in tanti modi diversi.

Con i prodotti invece è un po’ diverso: in questo campo sei più orientato verso la scienza, se così vogliamo definirla, cioè cercare di capire il comportamento degli utenti e così via, perché l’obiettivo non è esprimere qualcosa, bensì semplicemente aiutare l’utente a raggiungere i suoi obiettivi in maniera facile e veloce.

Ma la creatività trova sempre il suo spazio. Guarda caso poco prima che iniziassimo questa intervista mi stavo occupando di alcuni aspetti fiscali. Ora, senza voler fare pubblicità, io utilizzo TurboTax, un prodotto molto intuitivo che però ha anche una sua personalità ben definita, un linguaggio molto rassicurante e delle illustrazioni bellissime, fra le altre cose. Credo quindi che si possa senza dubbio tenere in considerazione l’aspetto scientifico di ciò che crea la migliore esperienza, ma poi si può instillare la creatività in aspetti quali il microcopy, le illustrazioni o le animazioni interessanti. In questo senso, la scienza funge da base, mentre la creatività la arricchisce.

Create: Chiarissimo.

MF: Per me questo è il modo di migliore di raggiungere quell’equilibrio. Molti vogliono prima disegnare qualcosa di bello, immagino, poi tentano di farlo funzionare entro i limiti della scienza, ma il procedimento è esattamente il contrario.

Create: Cosa ti entusiasma nel tuo settore in questo periodo?

MF: A quanto pare due sono i macroargomenti di cui tutti sono entusiasti.    

Uno è la sistematizzazione del design: anziché creare un’unica interfaccia per ciascun elemento o un elemento unico per ogni aspetto dell’interfaccia, si inizia a pensare a simboli o pattern ricorrenti all’interno del proprio lavoro e a definire una serie di buone prassi da seguire.

È un argomento di cui si parla sempre più e mi interessa davvero molto. Secondo me avere degli elementi costanti può aiutare gli utenti a orientarsi visivamente e a sapere come interagire con le cose, diminuendo quindi per loro il carico cognitivo, ma contribuisce anche ad avvicinare la mentalità dei designer e quella degli sviluppatori in termini di lavoro sul prodotto.

In passato spesso sono state in contrasto perché i designer vogliono che tutto sia bello e personalizzato, mentre gli sviluppatori vogliono coerenza e poca programmazione.  

Credo sia entusiasmante quindi vedere che i designer stanno iniziando a ragionare a livello di creazione di sistemi, anziché di interfacce completamente uniche.

Il secondo punto oggetto di dibattito riguarda il modo in cui l’animazione e il movimento si integrano con il design. Prima scherzavo dicendo che sono tornata al punto di partenza perché quando ho iniziato con Flash, tutto ruotava attorno ai movimenti enormi e di grande impatto, alle interazioni folli e alle schermate di caricamento di Flash durante le quali praticamente potevi guardare un cortometraggio prima di accedere al sito web. Questo ora non esiste più e per molto tempo tutto è stato molto statico.

Poi, i designer sono passati alla progettazione di app per i dispositivi mobili, integrando così le animazioni nell’interazione. Questa fase qui ha portato tutti a riflettere su come riportare la dinamicità nel nostro lavoro per migliorare l’esperienza.

Create: Ultima domanda. Parli molto apertamente della tua passione per i gufi, il tuo sito web si chiama Owlstatic. Raccontaci come nasce.

MF: Ottima domanda. La storia dei gufi è legata a un paio di cose. Anzitutto perché per tantissimo tempo durante la mia carriera ho lavorato la sera molto tardi, tanto che quando ho iniziato i clienti mi chiedevano come mai inviassi delle e-mail alle tre del mattino. Ora sono migliorata e cerco di avere degli orari da ufficio normali, ma per natura vivo meglio di sera, come i gufi.

Poi adoro questi animali. Proprio ieri sono andata in una riserva ornitologica a dieci minuti da casa mia e ho avuto la possibilità di vedere di persona alcuni esemplari di gufi, è stato bellissimo. Sono creature affascinanti.

L’altro aneddoto divertente è che quando mi sono trasferita all’università, nel giardino della casa dei miei genitori ha iniziato a svolazzare un gufo che teneva sveglio di notte mio padre. Era davvero molto rumoroso e mio padre diceva che secondo lui il gufo aveva preso il mio posto nelle loro vite. Ed ecco il terzo aneddoto. Ho delle affinità con i gufi: entrambi siamo creature notturne che fanno molto rumore.


17 aprile 2018